Pochi giorni fa (il 31 di maggio) Francesco De Martino avrebbe compiuto 110 anni. L’età di un patriarca. E De Martino lo era patriarca non per età ma per essere stato capo, guida, anima e pensiero del socialismo italiano. Dal novembre del 2002, data della sua morte, Francesco De Martino riposa nel cimitero di Somma Vesuviana. La sua ultima dimora è una cappella austera ma sobria, senza sfarzo. Com’era stata tutta la vita del Professore, la cui biografia intellettuale e politica, come diceva Gaetano Arfè, “è contrassegnata dal culto della storia, praticato per vocazione, dall’appassionato interesse per il presente, dalla trepidante curiosità destinata per la nostra generazione a rimanere insoddisfatta, per quanto accadrà in un futuro così diverso dal piccolo mondo antico sul quale ci affacciammo”. De Martino riposa nella stessa cittadina che l’aveva accolto sin da ragazzo, che l’aveva visto corre sui campi di calcio come insuperabile terzino della locale squadra, che gli aveva instillato la passione per la caccia, educandolo, però, al rispetto per l’ambiente. E, negli anni del suo massimo impegno in politica, quando De Martino ritornava nella “sua” piccola patria (come sempre amava definirla Gaetano Arfè) – o per gli auguri di capodanno o per un evento elettorale- la sezione del Psi o la piazza del paese si riempivano di compagni, di simpatizzanti e di semplici cittadini, che ci tenevano a stringere la mano ad un uomo perbene, colto, schivo, emblema di un socialismo teso ad affermare i principi di uguaglianza tra gli uomini, di libertà, di giustizia e di legalità.
A quindici anni dalla scomparsa la “sua” terra ancora si dibatte in diatribe fumose, per non essere riuscita a intitolargli la piazza principale. E, paradosso dei paradossi, quella piazza –per qualche mese sottratta e subito dopo restituita a Vittorio Emanuele III- continua ad essere intitolata al re complice del fascismo e firmatario delle leggi razziali.
Francesco De Martino – con lui una pletora sempre più sottile di antichi socialisti, partigiani, repubblicani- fu acceso propugnatore e sapiente manovratore di un socialismo colonna portante della sinistra italiana ed europea. Era, per lui e per quelli che ne respiravano la stessa ideologia e gli stessi valori, proprio marcatamente improbabile e storicamente impossibile che un socialista non si battesse per una sinistra unita, autonoma nelle scelte, avanzata nei propositi. È vero, non era ancora arrivato il tempo in cui mercanti prestati alla politica avrebbero detto che destra e sinistra sono categorie anacronistiche; che è fuori dal tempo confrontarsi su valori ed ideali; che il potere va raggiunto senza scrupolo alcuno. E, purtroppo, oggi ci si imbatte a Somma Vesuviana come in altri luoghi in cui si vota (o si è già votato) in una “certa” sinistra che fa scelte inusuali ed inspiegabili (quando addirittura non le fa proprio le scelte!), in sedicenti compagni eredi di un glorioso passato politico che si collocano in schieramenti “per caso” (di destra, di sinistra, di centro o civici) ma tutti ugualmente ispirati alla logica della conquista del potere; quello stesso potere per cui ognuno è disposto a rinnegare una propria storia, mettendo anche mano alla tasca.
Allora è ancora così inspiegabile la sfiducia vissuta nei confronti della politica e delle istituzioni? In uno degli ultimi incontri da me avuti con Francesco De Martino, il Professore ebbe a dire: “Se avessi dovuto cominciare la mia attività politica oggi, forse non l’avrei potuto fare. Per essere eletto devi disporre di centinaia di milioni. E dove li vai a prendere? Devi solo rubare. Per le mie campagne elettorali non ho mai speso niente. La passione ce l’ho ed è forte ma non avrei potuto partecipare alla politica attiva”.
Le parole, come le idee, sono degli atti testamentari. E l’eredità politica, culturale e valoriale di Francesco De Martino è un immenso patrimonio per i giovani ed anche per gli adulti, che –per giustificare se stessi e le loro (non) scelte- sono soliti imputare ad un mancato ricambio generazionale la responsabilità di qualsiasi comportamento camaleontico di comodo e di utile.