Sono nato e cresciuto in una realtà di provincia, aggrappata alle falde del Somma-Vesuvio. In quella terra, in un tempo in cui lo svago maggiore erano i racconti degli adulti, mi sono incuriosito e appassionato a una storia, che raccontava di una regina mangia uomini. Si chiamava Giovanna, era di famiglia reale e passava il suo tempo (si diceva) a fare l’amore e, poi, a far scomparire tragicamente i suoi amanti. A corredo del racconto si diceva anche che la regina, attraverso un cunicolo sotterraneo, arrivasse di notte nel castello di Somma Vesuviana e, dopo aver consumato un amplesso, ritornava nella sua reggia napoletana.
Un cunicolo in effetti c’era ancora al tempo della mia infanzia. Spesso, timoroso, insieme ai miei coetanei, ho tentato anche di avventurarmi in quella buia galleria, chissà che non ci fosse stata ancora qualche traccia di quella famelica regina! Dopo alcuni metri, tra miasmi e rovi abitati da ratti ed insetti, rinunciavo. Ma restava forte la mia curiosità per questa famigerata regina Giovanna.
Mio padre, poi, quando voleva dare un giudizio negativo sul comportamento di una persona, era solito dire che la destinataria della sua critica era peggio della regina Giovanna!
Un poco oltre il centro storico di Somma Vesuiviana, nell’immediata periferia ancora con qualche residuo di verde, sorgeva l’antica chiesa di Santa Maria del Pozzo, la cui origine Giovanni Villani faceva risalire alla celebrazione dell’incontro tra re Roberto e suo nipote Caroberto, in occasione dell’incontro di nozze fra Giovanna e Andrea.
Vivendo, inoltre, in un paese ricco di antiche testimonianze, ogni tanto sentivo parlare di terre della regina Giovanna, di donazioni fatte dalla regina Giovanna o di leggende con protagonista una regina Giovanna. Solo che, di volta in volta, quella regina si chiamava Giovanna, Giovannella o anche Giovanna la pazza. Insomma, una gran confusione!
Da queste “antiche provenienze” la mia curiosità per la storia della regina Giovanna I d’Angiò!
E, come spesso capita, -leggendo, scartabellando, confrontando- un po’ mi sono innamorato di questa donna, che, in tempi inimmaginabili, era riuscita a preservare per quasi quarant’anni il Regno di Napoli dagli appetiti degli altri potenti (i re, i principi aspiranti alla sua mano, i papi) e dei parenti più prossimi (i mariti, la sorella, i cugini, le zie, gli amanti), a garantirne l’unità, a tenerlo lontano dalle guerre e dai suoi drammatici effetti.
In fondo, Giovanna è stata solo un capo di stato, donna, in un periodo in cui alle donne non era concessa alcuna possibilità di emergere in contesti sociali, professionali e tantomeno politici.
Certo, Giovanna ha forse anche molto sbagliato (e chi opera senza sbagliare?) ma ha sempre pagato di persona, se ne è assunte responsabilità e conseguenze. Come ogni essere umano ha cercato incessantemente un compagno di vita, una persona a cui affidarsi e di cui fidarsi. Il suo grande errore è stato di non aver considerato che lei rappresentava ed era il potere. Per cui chi le si avvicinava, lo faceva perché attratto dal suo indubbio fascino, dalla sua indiscussa bellezza ma, soprattutto, dall’odore del potere.
E, così, una regina di un certo spessore politico e di non meno riconosciute qualità strategiche, è stata condannata ad essere ricordata con l’ironia riservata ad una vedova inconsolabile, come una sorte di mantide religiosa, come una madre snaturata. E, talvolta, anche illustri storici o cronachisti, troppo marcatamente antifemministi, hanno fatto passare sotto silenzio sviste di non piccola natura, pur di accreditare una figura, quella di Giovanna I d’Angiò, scontornata, intrigante e lussuriosa.
Il mio è un tentativo di raccontare fatti e personaggi senza i paraocchi delle convenzioni, dei luoghi comuni e delle sentenze “a prescindere”. Il cultore di storia è un curioso; è uno che indaga con cura (attenzione, meticolosità).
È ciò che mi sono prefissato in questa ricostruzione storica, specie quando mi sono imbattuto in una considerazione della regina Giovanna, che -colpita dalla preghiera di Santa Brigida al buon Dio perché punisse una donna di tanta cattiva fama- aveva semplicemente commentato: “Non può esistere un Dio cattivo!”