Io lo chiamo il tour della Memoria. Sono le tappe che faccio per fermarmi sulle tombe di chi ha segnato il mio percorso di vita e di formazione (quest’anno sono stato a Casarsa, sulla tomba di Pasolini); oppure per visitare i luoghi simboli della Storia.
Quando salii a Sant’Anna di Stazzema, qualche anno fa, era d’estate. Faceva caldo, c’era un silenzio spettrale. Nella piazzetta dedicata ad Anna Pardini (aveva solo 20 giorni e le SS la strapparono dalle braccia della mamma, la scagliarono in alto e giocarono al tiro a segno con le armi vere) c’era solo un tabacchino, che fungeva anche da rivendita di bibite e, forse, di panini per i visitatori del Museo Storico della Resistenza.
L’emozione fu grandissima davanti al Monumento ai Caduti, all’Ossario, dove si arrivava percorrendo un vialetto segnato dalle stazioni di una particolare Via Crucis. Non era, infatti, raffigurato il Calvario di Cristo ma quello dei bambini trucidati, delle donne violentate ed uccise, dei partigiani fucilati, dei tanti innocenti (anziani inermi, preti, contadini, ragazzi) passati dalle armi di uomini assetati di sangue, di criminali senza cuore e senza anima agli ordini di un pazzo, di uno che voleva per sé i pieni poteri e che, di volta in volta, si è fatto chiamare dittatore, fuhrer, duce, satrapo o anche semplicemente capitano.
A capo del reparto delle SS, materiali esecutori dell’eccidio (560 morti con un centinaio di bambini al di sotto dei 14 anni), c’era il generale Max Simon, corresponsabile, poi, anche della strage di Marzabotto. Per quel tragico e vile atto, qualche anno dopo, un tribunale militare, a Padova, lo processò come criminale di guerra nazista; fu condannato alla fucilazione; la pena fu, poi, commutata in carcere a vita con trasferimento in Germania, dove, pare per intercessione dell’arcivescovo di Colonia, Josef Frings, ed alla sua campagna del perdono, fu liberato.
Per il massacro di Sant’Anna fu processato anche il generale Walter Reder, il carnefice di Marzabotto: fu assolto per mancanza di prove!
A Sant’Anna di Stazzema furono sterminate anche due famiglie napoletane. I capifamiglia erano marinai, che, dopo l’armistizio dell’8 settembre, avevano cercato riparo tra i boschi delle Alpi Apuane. Il maresciallo di marina Antonio De Martino era di Castellammare di Stabia, aveva 41 anni; con lui c’erano la moglie Maria Paone (32 anni), il figlio Ciro (3 anni) e suo fratello Luigi (24 anni).
Il marinaio Francesco Cappiello era di San Giorgio a Cremano, aveva 28 anni; fu trucidato insieme alla moglie Nina Castelli (22 anni), alla figlia Maria Grazia (1 anno) ed alla sorella Giuseppina (25 anni).
Riuscì, invece, a mettersi in salvo, nascondendosi tra i boschi, Antonio Tucci, un marinaio originario di Foligno. Non riuscirono a salvarsi sua moglie, la napoletana Bianca Prezioso ed i loro otto figli (la più grande aveva 18 anni, l’ultima nata solo 3 mesi).
Oggi, 12 agosto 2019, ricorrono 75 anni da quel barbaro eccidio. Sono con la mente ed il cuore a Sant’Anna di Stazzema; mi impegno a rinnovellare sempre la memoria del passato, in ogni occasione, di fronte a qualsiasi interlocutore. Spero di poterlo fare insieme a molti altri. A voce alta. Stanando chi dice che è meglio stare alla finestra. Prendendo per i capelli chi ripete che è meglio augurarsi la soluzione di un uomo solo al comando.
L’ignoranza, il silenzio e l’indifferenza uccidono più di ogni altra cosa e condannano gli uomini ad essere costantemente in ginocchio.