Conobbi Ferdinando Imposimato, oltre trent’anni fa, a Ponticelli. Contattato da una mia collega ed amica, il giudice era diventato un ospite consueto, quasi uno di casa, per gli alunni della scuola media in cui insegnavo, la “Bordiga”, che, allora, era ubicata in via Cupa S. Pietro, dietro la chiesa della Madonna della Neve. Più di una volta, se ricordo bene, Imposimato aveva partecipato anche a pubblici incontri ospitati nel cinema “Pierrot”. Era un uomo dal grande fascino intelletuale, buon oratore, coinvolgente; e, poi, tutti sapevano che era stato giudice istruttore in importantissimi processi come quello riguardante il delitto Moro, l’attentato al Papa Giovanni Paolo II, l’omicidio Bachelet.
Mi aveva preso a ben volere e dalla fine degli anni ‘80 del secolo scorso avevo mantenuto sempre cordiali e continuativi rapporti col giudice, che mi aveva imposto di chiamarlo Ferdinando. Tale preziosa amicizia mi permise di poterlo invitare, negli anni in cui reggevo l’assessorato alla Cultura di Somma Vesuviana, ad una manifestazione che si tenne nel Cinema “Arlecchino”. Quella mattina avevamo appuntamento all’uscita del casello autostradale di Pomigliano d’Arco. Ci arrivai accompagnato dai vigili urbani di Somma; quindi, Ferdinando mi chiese di passare nell’auto blindata guidata da due poliziotti. Eravamo nei sediolini posteriori, Ferdinando ed io, in una alfetta color amaranto e dietro le nostre teste erano poggiati due pesanti mitragliette.
Il cinema “Arlecchino” quella mattina era affollatissimo di studenti delle scuole superiori. Dopo una breve introduzione, ci fu una fila interminabile di giovani, che chiedevano, con curiosità e passione, ad Imposimato informazioni su mafia e camorra, su Falcone e Borsellino, sull’attentato subito da Berlinguer, sulla morte del fratello Franco.
Negli anni succesivi il rapporto con il giudice Imposimato non si affievolì mai. Anzi. Continuarono le nostre frequentazioni telefoniche e, quando capitava, i nostri incontri in manifestazioni ufficiali.
Un paio di volte sono stato anche presso il suo studio a Roma, in via del Fiume Giallo. Fu proprio nel suo studio che lo registrai in video (qualche fotogramma è stato riportato anche in un dvd dedicato a Gaetano Arfè, edito dall’Istituto Campano di Storia della Resistenza) mentre legava ricordi della sua esperienza politica e della sua formazione socialista. In quell’occasione mi parlò del professor Vincenzo Balzamo, docente di filosofia al liceo classico di Maddaloni; era stato, infatti, quel vecchio perseguitato dal fascismo – mi raccontava- che lo aveva introdotto al mondo del socialismo, gli aveva fatto conoscere Pietro Nenni e gli aveva parlato di Gaetano Arfè. Anzi, di Arfè, Imposimato aveva ricordato alcuni convegni in cui erano stati protagonisti insieme; aveva ricordato anche l’anno 1987, quando insieme erano seduti, entrambi eletti nelle liste della Sinistra Indipendente, negli scranni del Senato della Repubblica. Più volte in quell’incontro Ferdinando parlò di Arfè come di un socialista deluso, sottolineando, nel contempo, la semplicità espositiva dello storico napoletano pari solo a quella di Enrico Berlinguer.
Il 30 marzo del 2015 invitai Ferdinando Imposimato ad un incontro con gli alunni del liceo “Sbordone” di Napoli. Erano trascorsi pochissimi giorni dall’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e lui, per più di uno scrutinio era stato l’antagonista di Sergio Mattarella. Fu una mattinata densa di emozioni e ricca di informazioni. Ferdinando, come suo solito, spaziò su più campi, declinò nomi e fatti, lesse cifre e invogliò i giovani al cambiamento ed alla speranza.
Quando lo accompagnai alla stazione – doveva riprendere un treno per Roma- mi invitò a mangiare una pizza. Quindi, da un capiente borsone tirò fuori una copia di un suo libro, La Repubblica delle stragi impunite (Newton Compton Editori), che autografò non prima, però di avermelo dedicato, scrivendo: dubitando ad veritatem pervenimus.
Da quel giorno di marzo del 2015 non ci siamo più incontrati. Ci siamo sentiti alcune volte telefonicamente; avevamo in animo di organizzare un convegno sulla cosiddetta Buona Scuola; c’eravamo sentiti anche in occasione del referundum del 4 dicembre del 2016, giusto un anno fa!
Con Ferdinando Imposimato scompare un’altra voce libera, un altro uomo di grande cultura (non solo giuridica) e senza padroni. Tutti, oggi, siamo naturalmente più poveri.
Ciao Ferdinando; in fotografia, nel mio studio, ti faranno per sempre compagnia Gerardo Marotta, Antonino Caponnetto, don Antonio Riboldi e Gaetano Arfè.