Raffaele Indolfi aveva la testa degli uomini di cultura ed il cuore di eterno bambino. Era un irregolare della vita ma aveva una grande sensibilità, una bontà d’animo immensa ed il fascino dell’intellettuale bohémien.
Aveva alcuni anni più di me ma ci siamo frequentati da sempre. Lo ricordo, giovanissimo podista, mentre correva per le strade di una Somma non ancora ingolfata da auto. E, poi, ricordo il suo essere socialista, la sua fede nei pensieri e nelle azioni. Quante volte, trovandomi a Napoli, in via Marchese Campodisola (lì si tenevano alcuni corsi di storia all’epoca dei miei studi universitari), sono salito alla redazione dell’Avanti! -all’ultimo piano dello stesso palazzo – per intrattenermi un po’ con Raffaele, che prima di passare a Il Mattino, della pagina socialista napoletana era il redattore, il custode, il portinaio, l’ascensorista, l’anima e la passione. E lo trovavo sempre tra le carte, una macchina da scrivere, il fumo delle sigarette, la sua visione di un mondo di uguali.
Negli anni del liceo avevo frequentato anche la sua casa di Somma, al 5° piano di via Gobetti. Lì, Raffaele, che Guido Angrisano -professore di Storia dell’Arte del “Diaz” di Ottaviano- aveva battezzato Refin, dava lezioni di italiano, latino e greco. Sulla sua scrivania c’era un edizione del Vangelo scritto in grecae et latinae linguae, che Carmine Mele (poi diventato bravo urologo), beffardamente profanava, leggendo grece et latine lingiue. Ma non c’era solo il Vangelo in quella casa: c’erano innumerevoli libri, cataste di giornali, appunti, quaderni e tanta aria di cultura. A fine giornata, spesso, quel tempio della cultura si trasformava, all’improvviso, in una sorta di convivio, dove a primeggiare era la verve poliedrica di Giulio Angrisani -il figlio del farmacista – con il suo sarcasmo, la sua intelligenza, il suo anticonformismo.
Nelle competizioni elettorali locali Raffaele non faceva mancare mai il suo contributo. Il suo nome era scritto nella lista del partito socialista, ma come testimonianza, come vincolo di appartenenza, come militanza; mai uno screzio verso i suoi competitor, mai la tentazione di inserirsi nel gioco delle preferenze (allora si potevano votare 4 nomi). Perché Raffaele era un puro, un ingenuo (nel senso buono), un vero signore.
Spesso, negli ultimi tempi, ci incontravamo nella macelleria di Enzo Russo; se prendeva la parola, Raffaele era un fiume di ricordi, di aneddoti, di ironia. Al funerale di Enzo arrivò in condizioni di salute pietose; quel pomeriggio di luglio di un paio di anni fa c’era un caldo africano, irrespirabile; lui arrivò appoggiandosi già ad un bastone e col sigaro tra le labbra. Era rimasto fortemente provato dalla morte di quel nostro fratello.
Negli ultimi tempi, sempre appoggiandosi al bastone, si muoveva lentamente in uno spazio di territorio, che dalla sua abitazione lo portava al bar di Armando per il caffè e, quindi, a salutare qualche amico del luogo. Indossava un cappello a falde larghe, il sigaro era sempre acceso; erano aumentate, però, le fobie e i gesti apotropaici: non oltrepassava mai la pianta prima del giornalaio, si appoggiava sempre sullo stesso piede per entrare in un negozio, attraversava la strada sempre allo stesso punto.
Refin se ne è andato in un giorno freddo di marzo, lontano da Somma Vesuviana, a Roma, dov’era stato ricoverato. È salito di corsa su un ultimo treno, quello senza ritorno; non poteva andarsene diversamente: i treni sono stati la sua passione. Ne ha presi a centinaia per il suo lavoro da giornalista e ne ha collezionati anche a centinaia per quella fortissima passione per il modellismo ferroviario, che l’ha da sempre accompagnato. Tra i libri ed i giornali nella sua casa, infatti, si nascondevano innumerevoli e preziosi modellini di locomotive diesel, di vagoni postali, di automotrici, di carri cisterne e wagon lit. Erano il suo orgoglio e la sua eccitazione – come a tutti coloro che è dato di nascere e vivere con la testa degli uomini di cultura ed il cuore sensibile di eterni bambini- insieme al piacere di poter sparare innocenti fuochi d’artificio (e non solo a natale!) ed allo sconfinato amore per i gatti randagi ai quali procurava cibo, medicine, calore ed affetto anche a costo di inimicarsi i vicini di casa.
Ciao, Refin-Raffaele Indolfi! Sarà per sempre facile continuare a volerti bene!