• Home
  • Uomini del Novecento
  • Radici
  • Diario di un preside
  • I miei libri
  • Accedi
Ciro Raia
 › Diario di un preside › La Dad non è la panacea ma aiuta a meglio motivare

La Dad non è la panacea ma aiuta a meglio motivare

Ciro Raia 8 Novembre 2020     No Comment    

Il danno maggiore causato dalla pandemia in atto -ed i cui effetti saranno drammaticamente visibili nei prossimi anni- risiede nella scelta (indispensabile o inutile, meditata o improvvisata, di pancia o di testa) di contribuire a negare ai giovani il diritto all’apprendimento. Succederà così che, in un tempo di numerosi e complessi cambiamenti, emblematici distintivi della società europea, il nostro Paese si caratterizzerà per l’esibizione di una sempre più netta frattura tra i pochi che sanno ed i molti che non sanno. Infatti, quando i nati nella seconda decade del terzo millennio varcheranno la soglia della maggiore età, per essi si configurerà il rischio di ritrovarsi in pochissimi in grado di interpretare il reale, mentre saranno sempre di più coloro capaci solo di utilizzare quanto imposto dal consumismo ed ancora più numerosi coloro che vivranno da emarginati in una società destinata passivamente ad assisterli. In netta controtendenza, in tal modo, rispetto alla necessità di acquisire capacità tese a cogliere il significato delle cose, a comprendere e dare un giudizio, a produrre un adattamento all’evoluzione dell’economia e del lavoro.

Oggi il malessere della scuola è sempre più palpabile e gli eventi che ne scaturiranno saranno, purtroppo, sempre più negativi. Nell’anno da poco concluso sono aumentati gli sconfitti della scuola; ad essi si sommeranno i perdenti dell’anno scolastico appena (o forse mai) cominciato. Sta, infatti, succedendo che la scuola, istituita per creare agio (vantaggio, opportunità), crea, invece, solo disagio (svantaggio, mancanza di opportunità). Crea disagio ai giovani, perché la percepiscono inutile, distante dai problemi reali, incapace di rispondere all’inconsapevole bisogno di conoscere il senso di quello che si insegna. Crea disagio ai docenti, che, schiacciati da un cumulo di responsabilità (molte delle quali posticce), non riescono a dare risposte ai tanti messaggi di (in)sofferenza dei giovani. Crea disagio alle famiglie: ad alcune perché vien meno alla funzione di parcheggio assistito dei minori; ad altre perché indecise nella scelta tra il primato della salute (importante è stare bene, tutto il resto è relativo!) e quello di un titolo di studio (un pezzo di carta, quale che sia, si troverà sempre!); ad altre ancora perché, vista la lampante incoerenza/incompetenza di chi siede nei luoghi di potere decisionale, seriamente preoccupate del futuro dei propri figli e di quello dell’intera società.

Urgono, allora, domande da fare e farsi piuttosto che dare risposte scontate e, spesso, ripetitive, inconcludenti e confuse. E, contrariamente a un senso comune abitudinario e discriminante, questi nuovi interrogativi, forse, se li pongono maggiormente i giovani, perché, come qualcuno ha detto, essi sono più saggi dei vecchi, in quanto più vicini alla fine del mondo. Per cui le nuove domande, tenendo conto della scontata vecchiezza di un sistema scolastico e del suo apparato di trasmissione dei saperi, non possono prescindere dal generare nuove strade in cui si dimostri (sperimenti, razionalizzi e documenti) che in ogni apprendimento deve essere presente la fatica dell’imparare con regole formali e rigorose.

La Dad –pratica emergenziale e non sostitutiva di quella in presenza- può rappresentare un primo passo sulla via di una innovazione del fare scuola e sul conseguente apprendimento di tutti i soggetti (pur in ruoli diversi) in campo. Infatti, essa può aiutare a chiarire che l’apprendimento è da intendersi -oltre che come naturale risultato dei processi di insegnamento -come l’insieme di quei processi stessi nel corso dei quali il risultato “apprendimento” ha luogo. Cioè, insieme alla modifica di comportamento degli studenti, viene tenuto in debito conto anche il cambiamento generato in tutti i soggetti in interazione: allievi, insegnanti, classe, scuola, famiglia e società. Ed è in questo modo che si può configurare con chiarezza anche il passaggio dalla scuola d’élite a quella di massa. Che resta, quest’ultimo ed antico nodo, l’equivoco di fondo di un sistema di formazione teso, nelle intenzioni, alla mondializzazione ed ancorato, nei fatti, a perseguire un sapere non significativo per sé.

Per cui la Dad –pratica emergenziale e non sostitutiva di quella in presenza (repetita iuvant)- non può essere vissuta ed interpretata come una teoria di interventi slegati, scoordinati e impartiti con disposizioni differenziate da scuola a scuola (le ore di lezione sincrone, le ore di mezz’ora, le fotocopie di schede, gli esercizi dal manuale e via dicendo). La Dad può/deve diventare occasione di un recupero della motivazione e della finalità di un progetto educativo, che intenzionalmente insegni a studiare. Ciò impone che, nella drastica riduzione dei tempi per gli insegnamenti-apprendimenti, vada perseguita una didattica giocata tutta sulla pulizia dei ragionamenti e sulla loro essenzialità. Il risultato finale non potrà che essere la costruzione di concreti laboratori didattici. In essi si supporteranno e potenzieranno metodi di studio, sviluppo di capacità di autonomia e di curiosità di sapere (curiositas = attenzione, interesse, calore della conoscenza, voglia di esperienze). E si potranno ottenere lavorando sia con argomenti-pretesto, sia con materie-pretesto, in modo tale che, ancora una volta, i docenti si possano confermare veri facilitatori dell’apprendimento, senza, magari, ispirarsi ai modelli passati di chi intende caparbiamente “spiegare col cucchiaino”. Perché, spesso, si potrebbe finire col seguire i comportamenti di un personaggio che vive in alcune pagine di Domenico Rea (Ritratto di Maggio) il quale “sosteneva di saper spiegare col “cucchiaino” e non sopportava che, dopo, qualcuno, ed erano molti, non avesse capito […] ed allora, per non correre il rischio di rimanere troppo indietro nello svolgimento del programma abbandonava gli “asini” al loro destino”.

 

 

Condividi:
Diario di un preside
Dad scuola pandemia covid

Autore: Ciro Raia

Related Articles

Ciro Raia ― 15 Gennaio 2021 | No Comment

E dopo il secondo anno senza scuola?

Ora bisogna che si guardi al domani con più realismo e meno retorica. È vero: niente sarà più come prima

Ciro Raia ― 29 Novembre 2020 | No Comment

Serve una scuola eretica

Ciro Raia ― 21 Novembre 2020 | No Comment

Scuola: non è responsabilità solo della pandemia!

Ciro Raia ― 14 Ottobre 2020 | No Comment

Riempire il vuoto formativo

Ciro Raia ― 28 Agosto 2020 | No Comment

Scuola, covid-19 e rischio dispersione

Ciro Raia ― 18 Agosto 2020 | No Comment

A scuola succederà come per l’atrazina

Ciro Raia ― 11 Ottobre 2019 | No Comment

La Cultura non va a braccetto con la demagogia

Ciro Raia ― 21 Febbraio 2019 | No Comment

Una (ri)lettura per caso

Rispondi Annulla risposta

Articoli recenti

Breve cronaca di una serata di inizio anno

― 8 Gennaio 2022 | No Comment

Francesco Guizzi

― 22 Settembre 2021 | No Comment

Se votassi a Napoli non avrei nessun dubbio

― 13 Settembre 2021 | No Comment

Lettera a don Nicola De Sena, parroco in Somma Vesuviana

― 24 Luglio 2021 | No Comment

In ricordo di Fabrizia Ramondino nel giorno in cui Napoli le intitola le rampe di Pontecorvo

― 24 Giugno 2021 | No Comment

Categorie

  • Diario di un preside
  • Pony express
  • Radici
  • Senza categoria
  • Uomini del Novecento

TAG

25 aprile amicizia antifascismo Arfé casamale Fabrizia Ramondino federazione napoletana federazione napoli Federazione socialista di Napoli festa festa delle lucerne francesco de martino gaetano arfè giacobini Gilberto Antonio Marselli Giorgio Spini giovanni coffarelli liberazione lucerne Maurizio Valenzi musica napoli nino pino Padre paranza Partito d' Azione politica preside psi riforma scuola rivoluzione scuola secondo dopoguerra sindaco Sindaco di Napoli sinistra socialismo socialisti Socialisti a Somma Vesuviana sociologia somma vesuviana tammorra tradizione tradizioni vuoto formativo
Copyright © Ciro Raia