Non si sa mai bene se definirla farsa oppure tragedia. Sotto qualsiasi punto di vista la si guarda, rientra, comunque, in un genere teatrale. Fa ridere; e, allora, meglio definirla farsa anche se -come dicevano gli antichi?- risus abundat in ore stultorum.
Era già successo, a metà degli anni ’80 del secolo scorso, quando fu lanciato l’allarme per l’acqua all’atrazina e, dopo poco tempo, fu stabilito invece che quell’acqua poteva tranquillamente considerarsi potabile. C’era stato un cambio in corsa, ci avevano pensato gli allora ministri responsabili della Sanità: una prima volta, nel 1986, il liberale Francesco de Lorenzo; una seconda, nel 1989, il democristiano Carlo Donat Cattin. In modo molto pratico (secondo il punto di vista dei politici) ed innaturale il pericolo costituito dai pesticidi presenti nell’acqua potabile veniva eliminato con un semplice innalzamento della soglia di legge. Così, l’atrazina, che stava nuotando nell’acqua in una percentuale abbastanza preoccupante, con piccoli accorgimenti di legge e qualche deroga, da che faceva male alla salute, alla fine, faceva quasi bene!
Più di recente è avvenuto qualcosa di abbastanza simile al caso atrazina con il ministro dei Trasporti, il pentastellato Danilo Toninelli, che, invece di ridurre la presenza degli inquinanti nei fanghi, ha pensato bene di suggerire una intelligente soluzione: perché non spargere i fanghi inquinati da idrocarburi nei suoli agricoli?
Da ultimo, il caso più eclatante! Riguarda il mondo della scuola ed il covid 19. Dopo aver reso inutile l’anno scolastico passato, dopo aver prodotto un vero macello nell’universo dell’istruzione (Dad, esami in presenza, esami da remoto, banchi con rotelle, orari di ingresso e di uscita sfalsati, dirigenti e personale impegnato a prendere le misure esatte per il distanziamento) dopo avere speso innumerevoli giornate e parole sul metro –buccale, dinamico, statico- da dover rispettare in previsione dell’apertura del nuovo anno scolastico, ecco la risoluzione geniale: basta una mascherina “preferibilmente di tipo chirurgico” per arginare ogni pericolo! Un pericolo reso ancor più grave dalla mancanza dei docenti, delle aule e dal ritardo nella consegna dei miracolosi banchi a trazione integrale.
Lucia, Lucia, perché di tanto inganni i figli tuoi (l’hai detto in televisione che gli studenti sono tutti figli tuoi), perché non dai, poi, quel che prometti allora?
Perché –è la solita, antica e stucchevole solfa- si stanno facendo sacrifici inauditi, perché i rinnovamenti sono faticosi e lenti, perché c’è bisogno di molti soldi in quanto l’universo della scuola è un sacco senza fondo.
Non è del tutto vero, però, che la scuola italiana richiede un esborso finanziario tra i più alti d’Europa e ha, perciò, bisogno di essere potata di molti rami. I dati diffusi in un passato recente dal ministero della Pubblica Istruzione per giustificare i tagli, contrabbandati per processi di (pseudo)innovazione e raggiungimento di falsi standard europei, non sono affidabili perché non hanno senso, giustificazione e, soprattutto, fondamento di attendibilità. In Europa, infatti, secondo alcune statistiche, la nostra scuola occupa solo il ventunesimo posto; dietro di noi si classificano la Grecia, la Slovacchia e la Romania. Siamo quart’ultimi. In un ipotetico campionato di calcio saremmo tra le quattro squadre retrocesse. Eppure tutti i titolari della P.I., citando i dati di Eurostat continuano a ripetere che si spende troppo per la nostra scuola. Ma ciò che non dicono – presidenti del Consiglio e ministri della P.I. – è che le cifre sulle quali ragiona Eurostat riguardano non solo le istituzioni scolastiche e universitarie, ma l’intero sistema ministeriale e dipartimentale della P.I., fatto di dipendenti, strutture inutili e improduttive, vaghi progetti di ricerca, pubblicazioni di facciata e altro ancora.
Le restrizioni, purtroppo per voi cari governanti, mal si sposano con la fiducia! E “il fai da te” richiesto (emerge l’azzoliniana cultura dell’arrangiatevi quale rimedio conclusivo), insieme agli auspicati quanto continui ricorsi al volontariato ed ai pietosi richiami a una professione-missione non sono congrui a un paese tra gli otto più industrializzati del mondo.
Intanto nelle scuole del coronavirus anno 2 (sembra il titolo di un film) piovono continui questionari. Quanti spazi ci sono? Di quanti banchi disponete? Quali collaborazioni esterne potete avviare? Quanti alunni potrebbero non godere del diritto della frequenza in presenza? Domande oziose, ripetitive, poste solamente per perdere e far perdere tempo.
Il futuro di un Paese risiede nella Politica e nella Scuola. L’una (la Politica) ha proprio il compito di progettare il futuro; l’altra (la Scuola) ha l’obbligo di educare i giovani, che rappresentano il futuro. Cosa sta avvenendo, invece, nel nostro Paese? Che la Politica e la Scuola non si rifanno nemmeno all’antico; conoscono solo il presente, la sopravvivenza, la superficialità, l’arte d’arrangiarsi e mettere le pezze, nemmeno con eleganti sarciture, ma alla men peggio, come una volta si mettevano sui calzoni dei pitocchi: pezze di tutti i colori! La scuola di Stato è irrimediabilmente cancellata. Con l’inizio del nuovo anno scolastico i posti in meno dei lavoratori della scuola saranno moltissimi (i numeri delle nuove assunzioni sono fuorvianti, perché mettono nel calderone il personale di ruolo, quello con in carico a tempo determinato, i pensionati, i precari storici, insomma, un po’ di tutto). Ad ogni nuova conta, sembra di ascoltare un bollettino di guerra. Una guerra che ha falcidiato posti di lavoro, sradicato ogni speranza di futuro, non ha fatto manco uno sconto ad un progetto di società che si regge, oggi, solo sul consenso acritico e mediatico.
Nessuno racconta che il 50% dei tagli ha interessato il Sud, le scuole del Mezzogiorno. Nessuno ricorda l’aumento del numero di alunni per classe (fino a un massimo di 29 per le materne, 27 per le elementari, 28 per le medie e 30 per le superiori), l’abbandono del tanto sbandierato potenziamento della lingua inglese (alle elementari moltissimi insegnanti di inglese in meno!), la sforbiciata notevole di ore di insegnamento in ogni ordine di scuola, il tetto per l’ingresso nelle classi degli alunni stranieri, la discriminazione nella valutazione per quanti non si avvalgono dell’insegnamento della religione e -ma non per ultimo- la riduzione degli insegnanti di sostegno per gli alunni disabili. Insomma, un’ecatombe!
Però il ministro assicura che a settembre, con la responsabilità degli altri (presidi, docenti ed ata), sarà tutto perfetto. Lucia, Lucia, chissà che tu, all’apparir del vero, non cada e possa così tornare a ragionar d’amore con le compagne ai dì festivi! Sarebbe un bel giorno per te e, molto di più, per la scuola tutta!
Come si dice? Non si sa mai bene se definirla farsa oppure tragedia. Sotto qualsiasi punto di vista la si guarda, rientra, comunque, in un genere teatrale. In fondo non fa per niente ridere; è preoccupante, fa solo piangere e, allora, è più corretto definirla tragedia.