Mentre sistemavo dei libri su uno scaffale del mio studio, ho sfogliato di nuovo Una storia semplice (Adelphi, 1989) di Leonardo Sciascia. I libri che ho letto sono fortemente vissuti. Hanno segni, sottolineature, pagine evidenziate. Mi torna, perciò, facile ritrovare concetti, parole in disuso, pensieri che stimolano ad analisi.
Sfogliando Una storia semplice, che è un piccolo giallo ambientato in Sicilia, ho ritrovato –bene evidenziato- uno stringato dialogo tra il professor Carmelo Franzò ed il magistrato inquirente, che è stato un suo allievo. Dopo i convenevoli di rito, il magistrato dice:
- Ma si ricorda di me?
- Certo che mi ricordo.
- Posso permettermi di farle una domanda?.. Poi gliene farò altre, di altra natura… Nei componimenti d’italiano lei mi assegnava sempre un tre, perché copiavo. Ma una volta mi ha dato un cinque: perché?
- Perché aveva copiato da un autore più intelligente.
Il magistrato scoppiò a ridere.
- L’italiano: ero piuttosto debole in italiano. Ma, come vede, non è poi stato un gran guaio: sono qui, procuratore della Repubblica.
- L’italiano non è l’italiano: è il ragionare. Con meno italiano, lei sarebbe forse ancora più in alto.
Che grande autore Leonardo Sciascia! Aveva una grande capacità introspettiva, un pensiero nitido, una profonda conoscenza della storia, una intelligenza anticipatoria.
E così ho pensato che il professor Franzò, se, oggi, avesse la ventura di incontrare tanti suoi vecchi alunni con meno italiano, potrebbe a buon diritto compiacersi con molti giudici e politici, professori ed avvocati, medici e ingegneri dai curriculi ineguagliabili; proprio di quelli che spingono molto in alto.