Non si tratta di essere passatisti ma di essere semanticamente corretti. Forse, così si potranno meglio capire i risultati delle elezioni di qualche giorno fa, che stanno generando tantissime interpretazioni per cercare di entrare nella genesi delle scelte fatte dai votanti dell’area definita progressista. Dunque, il problema di fondo è vecchio ma ancora troppo poco dibattuto. Come si scrive: centro-sinistra o centrosinistra? Non è questione di lana caprina; è che, invece, un trattino cambia lo scenario di sfondo.
Un centro-sinistra vive di alleanze tra partiti di centro con partiti della sinistra. I partiti di centro si pongono a metà tra egualitaristi e conservatori; i partiti della sinistra sono, invece, di ideologia ed azione socialista riformista, marxista revisionista e marxista. Un centrosinistra senza trattino, invece, è un pot-pourri di cristiano-conservatori, liberali, popolari e cosiddetti socialdemocratici. Un centrosinistra così, diventa, però, una vivanda in cui gli ingredienti si mescolano sino a perdere il sapore individuale. Tanto è vero che, nel caso di specie, se solo si affaccia una piccola incomprensione tra i protagonisti (le vivande) del piatto da servire (il programma), basta prendere un poco di distanze dallo schieramento iniziale, aggiungere il nome di un leader di turno ad un simbolo appena scelto e condurre una battaglia come se fosse l’ultima, quella della vita.
Ora, siccome la regola è di non meravigliarsi mai, appare inutile continuare a rincorrere analisi di comportamenti elettorali, che sono stati, invece, chirurgicamente confezionati dagli stessi destinatari dei voti degli elettori. I quali ultimi sono, di volta in volta, definiti ottusi o acuti, asini o volpi (con tutto il rispetto per gli animali), servili o autonomi, cittadini o sudditi a seconda delle scelte fatte e dell’utilità del voto espresso a vantaggio dell’uno o dell’altro competitor.
Si è, ormai, stanchi di un tale ( ripetuto) atteggiamento. Il problema è, piuttosto, decidere, da parte dei vertici, se quel trattino, che sembra di una inutilità unica, deve comparire o meno. Quel trattino, infatti, è in grado di cambiare la società e la politica, la cultura e la storia. Nel caso, infatti, di un centro, che indistintamente può collocarsi in un centrodestra o in un centrosinistra, il trattino che separa il centro dalla sinistra (o dalla destra) definisce in modo in chiaro e marcato l’esistenza di una sinistra (o di una destra). E, nonostante le formule come post-comunismo o post-consumismo, le differenze ci sono – restano e come! – tra la destra, il centro e la sinistra. Ci sono nei comportamenti quotidiani, nella cultura, nel valore della memoria, nella visione del mondo, nelle arti e nella scuola. Che tradotti opportunamente generano le scelte e la responsabilità delle scelte tra l’accoglienza ed il rifiuto degli extracomunitari, tra la cultura plurale e quella solo localistica, tra la ricerca di soluzioni a problemi e la consuetudine a inventarsi pifferai magici.
In fondo, perciò, continuare a parlare dei risultati del centro-sinistra (non del centrosinistra) presuppone che nella formula politica sia presente una sinistra, che al momento appare latitante, assente, cancellata o semplicemente asservita a logiche centriste di potere, di utili personali, di calcoli elettorali fino a flagellarsi.